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PANE, PACE, LIBERTA’ documento approvato dal CPN di Rifondazione.

Roma 15 ottobre


PANE, PACE, LIBERTA’


Il governo italiano e l’Unione Europea sono complici dei crimini di guerra che Netanyahu sta perpetrando contro la popolazione di Gaza. Lo sono stati in questi anni non assumendo posizioni nette contro le sistematiche violazioni dei diritti umani, il regime di apartheid, la pulizia etnica, la violazione dei luoghi santi per musulmani e cristiani, l’uccisione di civili da parte di militari e coloni estremisti. Lo sono ora che Israele bombarda e assedia Gaza.

Ancora volta assistiamo alla scelta del governo italiano e dell’Unione Europea di totale subalternità agli Stati Uniti e quindi di totale immedesimazione con Israele. La condanna dell’attacco ai civili e il cordoglio al popolo israeliano erano atti dovuti, non lo sono l’accondiscendenza e il sostegno ai crimini di Netanyahu.

Nei nostri media si sta ripetendo la stessa dinamica che abbiamo visto all’opera dall’invasione russa dell’Ucraina. Una narrazione unilaterale che ignora le radici del conflitto e disumanizza il nemico.

Noi condanniamo tutti gli attacchi contro i civili. Che siano da parte di Hamas o del governo Israeliano. Ma esiste un aggressore, Israele, e un aggredito, il popolo palestinese. Esiste uno stato che pratica l’apartheid, occupa territori altrui, viola il diritto internazionale impunemente. Ed esiste un popolo che resiste e lotta per veder riconosciuti i suoi diritti. Esiste una comunità internazionale, in primis gli Usa e la UE, muta e complice nei confronti dei crimini israeliani, che avalla da anni le continue prepotenze del governo israeliano.

Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo palestinese e a chi in Israele si batte per la fine dell’occupazione e dell’apartheid.

Bisogna scendere in piazza per fermare il massacro in corso, per il cessate il fuoco, per riaprire la strada della ricerca di una pace duratura fondata sul riconoscimento dei diritti del popolo palestinese.

Chiediamo che il governo e il parlamento italiano condannino i bombardamenti e l’assedio di Gaza con la stessa determinazione con cui lo han fatto rispetto agli attacchi contro i civili da parte di Hamas, riconoscano lo Stato di Palestina, si attivino per la protezione delle popolazioni civili e il cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e la fine del blocco di Gaza, sospendano l’accordo di cooperazione militare con Israele fino a che non rispetterà le risoluzioni dell’ONU, ritirandosi dai territori palestinesi occupati illegalmente rientrando nei confini del 1967. L’Italia, invece di continuare a coprire i crimini contro il popolo palestinese, deve tornare a svolgere un ruolo attivo per un processo di pace che garantisca la fine dell’occupazione israeliana e il rispetto del diritto internazionale.

Denunciamo il doppiopesismo dell’Unione Europea e della Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen che definiva i bombardamenti del governo russo su civili e infrastrutture civili come crimini contro l’umanità e invece ora appoggia e tace sui bombardamenti massicci del governo israeliano su civili e infrastrutture a Gaza in un quadro di un vero e proprio assedio e di una deportazione di massa. Questo doppio standard è indegno.

Denunciamo la censura che colpisce chi denuncia i crimini che da anni subisce il popolo palestinese. A Adania Shibli, scrittrice palestinese, la fiera del libro di Francoforte “sospende” il premio, a Patrick Zaki vengono “sospesi” gli inviti per le sue opinioni sul conflitto tra Israele e Palestina, all’ambasciatrice Elena Basile viene attaccata per la professionalità con cui affronta il conflitto in corso. A loro va la nostra piena solidarietà.

Denunciamo la grande coalizione, sulla guerra in Ucraina come nella complicità con Israele, tra PD e destre in Italia e tra i “socialisti”, i “verdi”, le formazioni di centrodestra e estrema destra in Europa.

LA LISTA PER LA PACE

Il riesplodere del conflitto in Medio oriente e il proseguimento a oltranza della guerra in corso in Ucraina impongono come centrale e imprescindibile la lotta per la pace.

Giorgia Meloni e il suo partito – come i governi di estrema destra in altri paesi europei – sono stati sdoganati dagli USA e dall’UE perché allineati con le scelte di guerra della NATO come i precedenti governi.

Il ripudio della guerra è stato da tempo cestinato anche dall’opposizione di centrosinistra. La nostra Costituzione è pacifista e imporrebbe che l’Italia assumesse un ruolo di mediazione per una soluzione pacifica del conflitto e che i nostri soldi venissero spesi per la sanità, la scuola, la solidarietà.

Il PD ha la stessa posizione del governo Meloni, se non nei toni nella sostanza, sulla guerra in Ucraina, la subalternità alla NATO e anche nel sostegno acritico a Israele.

L’Italia ha una Costituzione pacifista e un’opinione pubblica largamente contraria alla guerra, a tutte le guerre, ma nello spazio della rappresentanza una posizione coerentemente contro la guerra non c’è.

Per questa ragione, accanto al nostro impegno permanente per lo sviluppo del movimento per la pace, assume un valore molto positivo la proposta di lista unitaria “per l’uscita dell’Italia dalla guerra” lanciata con l’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro e con l’assemblea del 30 settembre, costituisce un fatto molto positivo perché ha denunciato questa rimozione e riproposto la questione che abbiamo posto un anno fa come Unione Popolare: dare rappresentanza al no alla guerra.

Si tratta di una proposta da sostenere, in cui portare i nostri contenuti e il nostro punto di vista, in cui essere presenti e visibili anche in maniera critica e costruttiva, per giungere a una lista plurale e capace di parlare alle tante e ai tanti che non hanno oggi rappresentanza politica e sociale.

Il progetto di una lista più larga e in grado di avere maggiore visibilità che irrompa nella campagna delle europee dando centralità al tema della guerra e delle conseguenze di cui è portatrice, in connessione con le emergenze sociali e ambientali, rappresenta un’occasione di rafforzamento del fronte pacifista e antiliberista che Rifondazione Comunista e Unione Popolare hanno sempre auspicato. Una lista di convergenza pacifista con un profilo politico di massa e programmatico netto è anche utile per contenere la spinta fortemente bipolare che sarà fortissima nelle elezioni regionali e amministrative concomitanti alle europee nella scadenza di giugno prossimo.

Tra i contributi da proporre, nella costruzione di tale progetto, deve trovare spazio la necessità di interrompere, per l’Italia come per l’UE, gli accordi politici e militari con paesi come la Turchia, la Libia, la Tunisia, l’Egitto, fondati unicamente sull’esternalizzazione delle frontiere, la ricostruzione di relazioni pacifiche, paritarie, di interscambio e di libera circolazione nel Mediterraneo.

Nella assemblea del 30, contemporaneamente si sono registrate una ampia confluenza di realtà sociali e culturali contro la guerra, e, insieme, un ruolo riconoscibile e riconosciuto di Unione popolare e del Prc, uniche forze politiche a cui è stata data la parola, con gli interventi rispettivamente del portavoce e del segretario nazionale.

La realizzazione di un progetto volto a dare forza, anche nel Parlamento europeo, alle ragioni della pace è il nostro progetto e non la mera adesione a una proposta di altri. E deve essere la bussola e l’elemento prevalente nel determinare le scelte nel prossimo futuro.

Consideriamo fondamentale lavorare al coinvolgimento e alla partecipazione di tutta Up alla proposta nata dall’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro lanciata il 30 settembre, nella consapevolezza, altresì, che non è mai stata decisa dagli organismi dirigenti alcuna cessione di sovranità del Prc, su scelte strategiche così come su quelle elettorali, né peraltro vi può essere in una fase in cui ancora non vi sono statuto e organismi democraticamente eletti. Il comunicato del coordinamento nazionale di UP costituisce una base di partenza utile.

La costruzione di un progetto volto a dare forza, nella campagna europea e anche nel Parlamento europeo, alle ragioni della pace è il nostro progetto e non la mera adesione a una proposta di altri. Il percorso lanciato dall’assemblea del 30 settembre per essere in grado di coinvolgere dovrà essere partecipato, occasione di un lavoro comune e collettivo che coinvolga le tante soggettività che non condividono le politiche di guerra e le scelte di riarmo.

Di fronte alla possibilità di costruire una grande convergenza contro la guerra riteniamo che non può essere per Unione Popolare condizione discriminante per l’adesione alla lista quella della presenza del simbolo in quello unitario che dovrà essere definito.

Rifondazione Comunista e Unione Popolare debbono portare al percorso non solo un contributo organizzativo, di relazione con i movimenti e le realtà territoriali, ma soprattutto politico e programmatico. È fondamentale che la questione della guerra sia declinata con le questioni sociali e ambientali approfondendo l’approccio già proposto “Pace, terra, dignità” ma anche con un punto di vista femminista.

Nella prospettiva delle prossime elezioni europee, la presentazione di una lista che sappia rappresentare le istanze di pace presenti nel paese e la domanda estesa di giustizia sociale, sempre più avvertite a livello di massa, costituisce la priorità politica. Un successo della lista contro la guerra in Italia avrebbe un’importanza per tutta Europa perchè incrinerebbe il fronte dei guerrafondai e darebbe maggiore spinta alle soggettività pacifiste anche negli altri paesi.

Ciò che, infatti, caratterizza la fase è la distanza sempre più grande fra queste istanze e gli orientamenti bellicisti e socialmente discriminatori del governo Meloni, da un lato, e il persistere del centro sinistra in un appoggio acritico alla strategia di guerra della Nato e in una opposizione al governo timida. Esiste, insomma, uno spazio politico grande per una posizione di sinistra che per esplicitarsi e per raccogliere il consenso potenziale necessita di una proposta caratterizzata e di uno schieramento adeguatamente ampio.

La proposta avanzata da Raniero La Valle e da Michele Santoro è in tal senso apprezzabile perché pone al centro l’unica proposta credibile per quanto riguarda la guerra in Ucraina e cioè una soluzione diplomatica con la sospensione immediata del conflitto e il blocco degli aiuti militari. Gli stessi fatti hanno, infatti, ampiamente dimostrato l’insensatezza e la irresponsabilità di una posizione bellicista che persegue la sconfitta sul campo della Russia per giungere a una trattativa. Non solo ampi settori dell’opinione pubblica condividono questo nostro giudizio, ma importanti segmenti della società si sono espressi in tal senso, a partire dall’importante presa di posizione del mondo cattolico. Per queste ragioni occorre raccogliere la proposta e consolidarla offrendo il nostro contributo di idee e di impegno. Il CPN del PRC dà quindi mandato al segretario e alla segreteria di proseguire il dialogo con i presentatori della proposta per giungere a una presentazione condivisa in vista delle prossime elezioni europee.

Sulla costruzione attiva dei percorsi di UP e della “Lista per la Pace”, il nostro partito dovrà impegnarsi nei mesi a venire dando mandato al segretario e alla segreteria di perseguire quanto deliberato e chiedendo comunque un confronto, tanto nel CPN, che nei territori e nei Comitati politici regionali e federali.

Unione Popolare

Lo sviluppo del progetto di Unione Popolare, cui continuiamo a riconoscere importanza strategica, non è in contraddizione con la costruzione di una lista unitaria alle elezioni europee, anzi può concorrere al suo rafforzamento.

In questi mesi sarà indispensabile il contributo di elaborazione politica e programmatica, di cultura politica radicale ma non settaria e di capacità organizzativa di Rifondazione Comunista per rilanciare il progetto di Unione Popolare e per costruire uno schieramento più largo di alternativa e opposizione.

Lo scarso numero, ad oggi registrato, delle adesioni on line a UP fotografa una difficoltà politica del progetto che ha molte concause e non si risolve con l’arroccamento settario. Il PRC concepisce. Up come uno spazio aperto, non lo considera un nuovo partito, ma un soggetto funzionale alla costruzione di un’ampia e rappresentativa sinistra di alternativa. Pertanto, considera pregiudizievole del raggiungimento di tali obiettivi l’assunzione di posizioni settarie che puntino alla limitazione preventiva delle interlocuzioni politiche o che favoriscano l’isolamento a livello di massa. Una cosa è la difesa di posizioni limpidamente alternative, altra cosa è azzerare le interlocuzioni politiche e sociali per tutelare un ristretto nucleo di forze. Verrebbe meno quella vocazione egemonica che abbiamo sempre considerato l’elemento distintivo della nostra forza politica. Abbiamo sempre ribadito la necessità di una alternativa al centro sinistra, ma ciò non può significare la chiusura a livello di massa all’interlocuzione con organizzazioni come ANPI o Cgil che rappresentano referenti essenziali per la costruzione di un’opposizione di massa. Né sul piano politico si può rifiutare la relazione con forze che assumono contenuti alternativi a quelli assunti dal centrosinistra.

Risulta ancora troppo scarso il numero degli aderenti fra le persone indipendenti da qualsiasi organizzazione ma anche e soprattutto, fra quelli delle forze fondatrici, segno di un malessere profondo che va compreso e affrontato. Lo sforzo unitario deve caratterizzarci all’interno di UP come del partito, soprattutto nei confronti delle tante realtà esterne con cui è possibile costruire percorsi comuni.

Verso l’esterno dobbiamo ricostruire quella capacità attrattiva e di ricostruzione di senso che si percepivano, ben oltre i risultati ottenuti, durante la campagna elettorale del 2022 è che è andata via via scemando, anche per alcune inadeguatezze e rigidità emerse che vanno superate.

Ma il progetto di Unione Popolare può diventare credibile se si lavora con impegno alla crescita delle adesioni esterne di indipendenti, personalità, associazioni e realtà operanti sui diversi fronti di conflitto, con l’obiettivo di superare almeno il numero di quelle degli aderenti alle organizzazioni promotrici. Per questo dovremo lavorare ad una assemblea davvero costituente dove si decidano le regole democratiche di partecipazione e di funzionamento di UP, dopo che le avremo discusse e decise con le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista nei suoi organismi dirigenti.

Il prossimo CPN da riunire in tempi ragionevolmente brevi dovrà esaminare lo sviluppo e il rilancio del progetto di UP.

Rifondazione Comunista

Con altrettanta forza dobbiamo porre al primo posto la cura del Partito. Il successo della festa nazionale, gli importanti risultati che stiamo ottenendo nella raccolta delle firme sulla lip sul salario minimo, la mobilitazione garantita e continuata sui territori, in tante vertenze, nonostante la perdurante carenza di conflitto sociale espresso, e nonostante la scarsità di risorse, confermano l’essenzialità della presenza di una comunità politica che continua a garantire una battaglia nel Paese e che ha dimostrato, nonostante le proprie carenze, di costituire un riferimento apprezzato anche da soggetti sociali e politici esterni. Per queste ragioni va portato avanti con determinazione il lavoro di tesseramento, verso simpatizzanti e il recupero di iscritte/i e di concretizzazione delle innovazioni organizzative contenute nel nuovo statuto del partito.

In questi mesi siamo riusciti a fare molte positive iniziative, a far partire campagne, a far riprendere un impegno complessivo su diversi temi, dal lavoro, alle questioni ambientali, al contrato ad ogni tipo di autonomia differenziata, alle vertenze antirazziste e anti-omofobe.

Si deve anche a questo la grande soddisfazione che possiamo esprimere, per la non scontata riuscita della Festa nazionale che si è tenuta dal 21 al 24 settembre a Bologna. Ma innanzitutto dobbiamo ringraziare tutte le compagne e i compagni che con il loro impegno l’hanno resa possibile.

Il successo della festa – partecipazione, qualità dei dibattiti, interlocuzioni e ospiti, attenzione mediatica – dimostra le potenzialità del nostro partito e la possibilità di tornare a essere un punto di riferimento nel paese.

I risultati finora raggiunti dalla raccolta firme per la legge di iniziativa popolare per il salario minimo rappresentano un dato positivo che è stato reso possibile dallo straordinario lavoro militante sui territori delle nostre compagne e dei nostri compagni. Chi ha partecipato ai tavoli può ben raccontare l’importanza e il senso profondo che si riscontra in una interlocuzione costante con la classe di riferimento, con le sue contraddizioni, con le sue residue speranze.

È dovere prioritario di tutte/i mantenere viva l’attenzione sulla campagna e utilizzare i giorni che ci restano aumentando il numero dei banchetti e invitando, nei territori, chi condivide l’obiettivo del salario minimo orario di 10 euro indicizzato e pagato dalle imprese, a firmare nei Comuni.

Confermiamo la nostra partecipazione alla raccolta firme per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e il lancio nei prossimi giorni della campagna on line contro la fine del servizio di maggior tutela per luce e gas.

Sosteniamo la raccolta firme on line indetta dalla rete Stop Border Violence, per un’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) con cui imporre il rispetto concreto dell’Art 4 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che impedisce trattamenti inumani e degradanti verso le donne e gli uomini ai confini dell’UE, indipendentemente dalla loro condizione giuridica.

Dobbiamo crescere in numero e qualità, favorendo e incrementando un lavoro di formazione di cui questo Partito e anche questo paese hanno bisogno. Una formazione che interagisca, partendo da una relazione paritaria con i Giovani Comunisti e porti sempre più compagne e compagni a trovare nei nostri ambiti il luogo in cui affrontare la complessità dei temi in cui ci si imbatte. Una formazione capace di far convivere mutualismo, azione sociale con crescita politica e culturale. La nostra stessa modalità organizzativa, i tempi e le condizioni in cui riusciamo a funzionare, andranno ridefiniti con la collaborazione di tutte / i. Abbiamo già esempi con cui confrontarci: il lavoro del nostro Dipartimento Antifascismo, svolto con l’estrema capacità di far prevalere gli aspetti costruttivi, hanno portato a realizzare un libro XII disposizione, la cui prima edizione ha venduto 1000 copie, di cui è uscita un’edizione ampliata ed è uno strumento utile oltre che di facile lettura. Un lavoro che ha coinvolto tante/i compagne/i, che è stato presentato a spese del dipartimento in molte città italiane e che ha permesso anche di sottoscrivere 1000 euro per sostenere la festa nazionale.

La nostra opposizione

Il nostro Partito è di fronte a grandi sfide nei prossimi mesi a partire dalla costruzione concreta dell’opposizione a un governo fascioleghista che non nasconde il suo profilo reazionario, classista e razzista.

La guerra ai poveri, dai percettori del reddito di cittadinanza ai migranti richiedenti asilo, caratterizza un esecutivo che non solo è culturalmente razzista, ma ha anche ha bisogno di capri espiatori e rilancia la “guerra culturale” per distrarre dalla sostanziale inefficacia delle sue ricette economiche e dalla mancata attuazione delle sue promesse sociali.

Le misure draconiane contro migranti e richiedenti asilo, più violente che in passato, ma in continuità con la chiusura identitaria dei governi che l’hanno preceduta e con le politiche proibizioniste europee, rappresentano la cartina di tornasole di come in questo Paese si intenda affrontare unicamente in chiave repressiva ogni questione che abbia origini e dimensioni sociali. Detenzione, deportazione, respingimenti e persino il contrasto ai soccorsi in mare, la criminalizzazione della solidarietà e di chi prova a forzare le frontiere, sono la cifra di un fallimentare approccio fondato sulla mancanza totale di soluzioni a lungo termine, come la definizione di canali di ingresso legali o la regolarizzazione a regime di chi è in Italia presente. Le cariche contro gli studenti a Torino non rappresentano una novità di questo governo, ma le dichiarazioni dei suoi esponenti invocano continuamente una ancora più dura criminalizzazione e la repressione della protesta sociale e legittimano gli abusi in divisa.

Il governo Meloni sta ampiamente dimostrando la natura reazionaria del “sovranismo” della destra, che agita strumentalmente l’interesse nazionale al solo fine di portare avanti, sul piano internazionale, una politica virulentemente guerrafondaia agli ordini degli USA e della NATO, e, sul piano interno, una plateale politica di acquiescenza alle logiche della Commissione Europea sui vincoli di bilancio, e anche alle multinazionali estere (come dimostra la scelta di non assumere il controllo dell’ex-Ilva di Taranto continuando a regalare soldi pubblici a Arcelor Mittal e quella di consegnare un’infrastruttura strategica come la rete Tim al fondo statunitense KKR).

La manovra del governo si muove nel quadro di ciò che impone la UE essendo parte di fatto della “maggioranza Ursula” che la governa e ne peggiora le conseguenze con politiche fiscali opposte al dettato costituzionale. In un quadro di inflazione da guerra e da profitti, di assurde politiche di alzamento del costo del denaro agite dalla BCE, di segnali di recessione nella stessa Germania, di innalzamento dello spread come condizione strutturale di aggressione della finanza al nostro Paese, di ripresa folle delle politiche di austerità le idee guida del governo stanno tra i condoni e i tagli, un neoliberismo condito di difesa di privilegi e rendite.

Il punto, drammatico e gravissimo, che riguarda non solo l’attuale governo ma tutti quelli che hanno gestito la fase pandemica e le cosiddette politiche espansive europee è che esse, per scelta europea e dei governi italiani, non hanno fatto altro che sostenere le vecchie scelte e i vecchi interessi. Come certifica Mediobanca che parla di profitti in crescita e di salari in arretramento.

Nessuna versione dei Pnrr ha tentato di invertire lo sciagurato trend pluridecennale.

Nessuna inversione verso il rilancio del pubblico, la reindustrializzazione di qualità, il risanamento ambientale, il Sud, l’occupazione.

Il nostro sistema produttivo continua a perdere colpi, ore lavorate, comparti subendo processi di internazionalizzazione passiva. Il sistema pubblico dei servizi è degradato, scarso, obsoleto, vecchio con operatori anziani, insufficienti e mal pagati.

I giovani non hanno prospettive e continuano ad emigrare o a star fuori dalla formazione e dal lavoro in percentuali le più alte in Europa. Per le pensioni, lungi dal mettere mano alla legge Fornero, se ne allarga la tragica fondamenta della aspettativa di vita come “colpa” preparando, come cinicamente suggerisce l’Inps, il taglio dei rendimenti a chi vive di più invece che mandare in pensione prima chi è più usurato, abolire la legge Fornero, alzare le pensioni basse, garantirle ai giovani, porre un tetto a quelle alte.

Ora la guerra militare ed economica in cui siamo stati arruolati dà un ulteriore colpo, accrescendo l’inflazione, colpendo il sistema produttivo, privilegiando le armi ai granai per citare Pertini.

Il governo Meloni si qualifica anche come nemico dell’ambiente e delle nuove generazioni collocandosi sulla linea di Trump e Bolsonaro e con i settori del capitale fossile. Al negazionismo climatico, alle dichiarazioni feroci contro il via libera dell’Europarlamento alla legge sul ripristino della natura e dalle spudorate fake news sul “maltempo” di questa terribile primavera-estate che ha visto morti e devastazione provocate dalle crisi climatica, allo stillicidio di misure e scelte antiecologiche, i progetti sviluppisti e predatori dei territori del Ponte sullo Stretto, la TAV in Val di Susa, i rigassificatori. Sono peraltro quasi tutti gli stessi provvedimenti dei governi precedenti e trovano il consenso di parte dell’attuale opposizione parlamentare mentre l’altra pratica un morbido “greenwashing”.

Questo governo condanna dunque il Paese alla crescita delle disuguaglianze e al declino; ma questo non implica una crisi immediata di consenso perché ha dalla sua la obiettiva paura sociale di larghe fasce della popolazione povera, la continuità sperimentata dei discorsi sui capri espiatori e la pressoché naturale saldatura di un blocco di consenso che va dai piani alti del capitale e del mondo affaristico fino alle piccole e medie imprese e ai settori più dinamici del lavoro autonomo.

L’alternativa alla destra non si costruisce invocando Ursula von der Leyen, i trattati europei, le bandiere a stelle e strisce o UE.

Senza un antifascismo popolare e l’impegno contro la guerra non è possibile contrastare un governo di ultradestra, reazionario, classista e guerrafondaio.

L’antifascismo popolare non può che essere sociale, conflittuale, solidale, antiliberista, anti patriarcale e pacifista. C’è bisogno di una opposizione sociale e politica che lotti con coerenza per i diritti di chi lavora, per la piena occupazione, per il diritto al reddito, alla salute, alla casa, allo studio, per tutte/i, per il drastico taglio alle spese militari. Solo così l’antifascismo ritrova le sue radici.

L’opposizione al governo va dunque condotta sulla base di un programma di difesa e attuazione della Costituzione. Il governo sta portando avanti non solo politiche sbagliate e antipopolari di smantellamento del welfare, e in particolare della sanità, ma un organico e definitivo attacco volto a scardinare l’assetto costituzionale. Il combinato disposto dell’autonomia differenziata del progetto Calderoli e delle proposte presidenzialiste sostanzialmente ci porta definitivamente fuori dal quadro della Costituzione nata dalla Resistenza. Non solo verrebbe meno l’unitarietà e l’esigibilità dei diritti nel territorio nazionale ma si imporrebbe anche una definitiva svolta autoritaria nel segno di meno stato sociale e maggiore verticalizzazione e accentramento del potere. Gli esiti, purtroppo preparati da tre decenni di riforme istituzionali condivise o promosse dal centrosinistra, sarebbero davvero devastanti per quanto riguarda la crescita delle disuguaglianze sociali, dello squilibrio tra regioni meridionali e nord del paese, e più in generale in termini di perdita di diritti e di spazi democratici per tutte/i.

La grande partecipazione alla manifestazione nazionale LA VIA MAESTRA del 7 ottobre a Roma indetta dalla CGIL e più di 200 realtà associative su una piattaforma, rispetto alla quale si possono fare puntualizzazioni e anche distinzioni, ma il cui impianto complessivo è stato nettamente condivisibile, a partire dal no all’autonomia differenziata e al presidenzialismo fino alle questioni sociali più importanti, rappresenta un fatto politico importante. Condividiamo in particolare che la “via maestra” sia quella dell’attuazione della Costituzione. Ma questa indicazione implica un orientamento di netta opposizione alle politiche neoliberiste, alle politiche di guerra della NATO e ai trattati europei, nonché una piattaforma di netta rottura con le scelte dei governi di centrosinistra e con gli anni della concertazione.

Auspichiamo da parte della CGIL la continuità di una mobilitazione che segni l’apertura di una stagione di ripresa del conflitto sociale e di protagonismo della classe lavoratrice.

Lavoriamo, con la CGIL e i sindacati di base, nei movimenti e nelle vertenze, per una nuova stagione di lotte e la costruzione dell’opposizione sociale.

Per noi la lotta per la pace e la democrazia non è mai disgiunta da quella per la giustizia sociale. Pane, pace e libertà! Vale oggi come nel 1943.

Il Comitato Politico Nazionale impegna la segreteria e la direzione nazionale a proseguire il percorso di adesione e partecipazione del nostro partito e di Unione Popolare alla “lista per la pace” proposto dall’appello La Valle – Santoro e con l’assemblea del 30 settembre.

Il CPN impegna il partito nella conclusione campagna di tesseramento 2023 e in quella per le adesioni on line a UP.

Il CPN impegna il partito a promuovere la massima partecipazione alle manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese, alla manifestazione nazionale” stop escalation” del 21 ottobre a Pisa e del 4 novembre a Roma e nella fase conclusiva della raccolta firme delle campagne per il salario minimo e l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro.

Il documento presentato dal segretario nazionale Maurizio Acerbo è stato approvato.








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